Sanità Pubblica

Il diritto alla salute, e quindi la possibilità data ad ogni cittadino di accedere a cure ed a prevenzione fornite dalla sanità pubblica, è un argomento che unisce tutta la popolazione, soprattutto la parte di essa più in difficoltà.  Tuttavia è proprio in questo settore che appare più marcato il crescente divario tra Centro-Nord e Sud Italia. La “migrazione sanitaria” in atto già da decenni, ed interrotta brevemente solo durante la pandemia, è uno dei segnali più evidenti.

Milioni di meridionali vanno a curarsi al Centro-Nord.  Le motivazioni soggettive legate alla percezione di efficienza del sistema sanitario centro-settentrionale sia dei pazienti sia dei loro familiari sono radicate nella trita favola, senza fondamento, che “al Nord sono più bravi”.  Quelle oggettive, come le lunghe attese per alcune visite specialistiche (problematica che ormai è presente anche al Centro-Nord) sono invece connesse alla reale condizione di svantaggio che caratterizza l’intero sistema sanitario del Mezzogiorno. Nel primo caso è necessario combattere contro pregiudizi culturali, lavorando per sconfiggere una cultura della inferiorità/minorità, che vede il meridionale convinto di essere inferiore e “valere meno”.  Nel secondo caso, è necessario contrastare le politiche che favoriscono le disuguaglianze territoriali e che sono in netto contrasto con i dettami costituzionali.

Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)

Il sistema sanitario nazionale dovrebbe funzionare, teoricamente, in modalità sussidiaria. Lo Stato centrale dovrebbe assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute stabilendo e garantendo i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Le Regioni hanno la responsabilità diretta della gestione sanitaria nella specifica area geografica di competenza utilizzando fondi che provengono da tre diverse fonti:

  • dalla fiscalità generale delle regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all’IRPEF;
  • dalle entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall’attività intramoenia dei propri dipendenti);
  • e dal bilancio dello Stato attraverso il Fondo Sanitario Nazionale

La mancanza di fondi al Sud

Il sistema sanitario meridionale, composto dai diversi sistemi regionali, non genera fondi sufficienti dalle prime due fonti. Per quanto riguarda la terza, il Fondo Sanitario Nazionale, è penalizzato a seguito di restrizioni imposte dallo Stato su quelle Regioni che non hanno messo in ordine i bilanci regionali.  E anche quando le “carte” sono in regola lo Stato non concede alle Regioni quanto dovuto, come ha denunciato il Governatore della Campania, Vincenzo De Luca lo scorso 29 febbraio: “Si impegni il ministro a garantire in tempi immediati la fuoriuscita della Campania dal piano di rientro (oggi del tutto immotivato) che blocca la possibilità di erogare prestazioni extra-LEA.”

Quattro sistemi sanitari meridionali sono sottoposti al “piano di rientro” (Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia) mentre due sono attualmente commissariate (Calabria e Molise). Una, quella lucana, che è stata promossa dalla Corte dei Conti lo scorso ottobre, rischia il commissariamento per la recente scoperta di un buco da 85 milioni di Euro.

I governatori delle regioni del Sud affrontano una missione impossibile: garantire il pareggio di bilancio tra entrate e uscite, garantire l’esecuzione dei LEA, e offrire prestazioni extra-LEA. Per esempio, Vincenzo De Luca, scegliendo di pareggiare il bilancio per ottenere i necessari finanziamenti dal Fondo Sanitario Nazionale, sacrificando LEA e extra-LEA, è stato aspramente criticato da diversi osservatori. Marco Staglianò, in un articolo pubblicato qualche mese fa sul sito Orticalab scrive impietosamente che “La polverizzazione del sistema sanitario regionale operata nel corso di questi anni ha determinato un fisiologico riequilibrio sul piano finanziario. L’ovvio risultato è che abbiamo un sistema sanitario con i conti in ordine perché non abbiamo più un sistema sanitario.”

I problemi della sanità al Sud

I problemi della sanità meridionale, che portano i cittadini a cercare di curarsi al Nord, sono praticamente uniformi su tutto il territorio:

  • La carenza di personale ed in particolare per il Pronto Soccorso;
  • lunghissime liste d’attesa per test diagnostici fondamentali;
  • minore disponibilità di posti letto,
  • difficoltà nel raggiungere servizi di pubblica utilità come pronto soccorso e farmacie anche a causa della chiusura e del depotenziamento di ospedali, reparti, consultori e ambulatori, con intere zone che sono rimaste sprovviste di servizi sanitari essenziali;
  • ridotta attività di screening mammografico e colorettale a scopo preventivo rispetto al Nord;

La mobilità sanitaria, o meglio la “migrazione sanitaria” porta milioni di euro nelle casse dei sistemi sanitari del Veneto, dell’Emilia Romagna e della Lombardia, con una maggiore preferenza per le strutture private accreditate.

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, ha descritto il problema con estrema chiarezza lo scorso 21 marzo nel Report “L’autonomia differenziata in sanità”: L’analisi della mobilità sanitaria conferma la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord e la fuga da quelle del Centro-Sud: infatti, nel periodo 2010-2021 tutte le Regioni del Sud ad eccezione del Molise (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia) hanno accumulato complessivamente un saldo negativo pari a € 13,2 miliardi, mentre sul podio per saldo attivo si trovano proprio le tre Regioni che hanno già richiesto le maggiori autonomie. Nel 2021 su € 4,25 miliardi di valore della mobilità sanitaria, il 93,3% della mobilità attiva si concentra in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, mentre il 76,9% del saldo passivo grava su Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo.

Nel caso della Campania, nel 2022, circa 223 milioni di euro sono stati trasferiti dalla regione ai sistemi sanitari del Nord per le cure usufruite dai cittadini campani.

l’Autonomia Differenziata: il colpo di grazia!

L’autonomia differenziata voluta dal Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, della Lega Nord, approvata dal Senato a gennaio include anche la sanità.  Secondo

la Fondazione GIMBE, la richiesta di autonomia sulla gestione del personale sanitario, di regolamentazione dell’attività libero-professionale così come delle borse di studio per accedere alle scuole di specializzazione porterà ad una concorrenza tra Regioni con trasferimento di personale dal Sud al Nord…

Per Cartabellotta, l’autonomia differenziata in ambito sanitario “non solo porterà al collasso la sanità del Mezzogiorno, ma darà anche il colpo di grazia al SSN, causando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti”.

E come denunciamo da tanto tempo non solo per la sanità, le regioni ricche continueranno a essere sempre più ricche mentre il Sud continuerà nel suo declino post-unitario.

La disuguaglianza territoriale, tuttavia, non è l’unica causa del collasso della Sanità Pubblica; ad essa si aggiunge infatti la “privatizzazione” della sanità. Questo approccio già molto evidente in alcune regioni del Nord, è causa di una ulteriore emorragia di risorse che hanno compromesso l’efficienza di alcune “isole felici”. La iniziale gestione fallimentare della pandemia è stata da più parti indicata come uno degli effetti della privatizzazione.

Rispetto alla mancata possibilità di accedere alla sanità pubblica, e all’affievolirsi del diritto alla salute, non emerge solo la disuguaglianza territoriale ma anche quella sociale. Lottare per il diritto alla salute equivale a lottare contro la disuguaglianza territoriale e sociale. L’autonomia differenziata aumenterà il divario tra Nord e Sud ma anche tra ricchi e poveri; questi ultimi presenti in tutte le regioni.

Dovremmo tutti meravigliarci, non solo dello scarso interesse dei meridionali alle proposte di autonomia differenziata, ma anche dello scarso interesse del cittadino medio (oltre che di quello povero) delle regioni del Nord che probabilmente pensa di ottenere benefici dalla autonomia differenziata.

Quando gli elettori (di tutte le regioni) si accorgeranno di questo, sarà, purtroppo, troppo tardi.