il sud è escluso

Rilanciamo un articolo di Lino Patruno pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno il 3 maggio 2019, intitolato “Ripresa in Italia? Ma il Sud è escluso”.

Il Sud va indietro

L’Italia riparte, il Sud no: beh, e dov’è la notizia? Tutti a festeggiare l’aumento del Pil, il reddito nazionale, dello 0,2 per cento nel primo trimestre 2019. Non siamo più in recessione, cioè non andiamo indietro, evviva. Non siamo? Non è il Centro Nord. Perché il Sud come al solito non c’entra nulla col resto d’Italia. E quindi continua a essere in recessione, cioè ad andare indietro, a impoverirsi mentre gli altri si arricchiscono. Previsione a fine anno: Italia più 0,2 per cento, Sud meno 0,2 per cento. Come se fosse la cosa più naturale del mondo. E lo è, se al Sud lo Stato continua a non fare nulla perché non sia un’altra Italia. Una diversamente Italia.

Tu meridionale dovresti arrabbiarti

Tu meridionale dovresti arrabbiarti invece di continuare a considerarlo un destino. In Francia i gilè gialli hanno di sicuro esagerato. Ma l’aumento del prezzo della benzina è stato solo la miccia. Perché voi a Parigi avete tali mezzi pubblici che potete anche fare a meno dell’auto. Noi in provincia no, con l’auto ci viviamo e lavoriamo. Quindi con la benzina. E l’aria pulita per fare respirare meglio i ricchi non possiamo pagarla noi poveri. Nulla di diverso nel nostro Sud.

Se tu Stato continui a spendere per tutto sempre di più al Nord, che può fare il Sud? Continuare a emigrare, ad andare a curarsi fuori (quando può curarsi), a vedere spopolarsi le sue città, a morire prima, a non avere asili e mense scolastiche, a piatire un reddito di cittadinanza che poi scopre essere in media di soli 500 euro al mese. E nulla può cambiare se ogni anno lo scippo al Sud è di 61 miliardi, quanto dovrebbero dargli e non gli danno. E non per gentile omaggio o perché il Sud piange sempre. Ma per la ormai tristemente famosa regola del 34 per cento, la percentuale di popolazione meridionale.

Il 34 per cento è rimasto una illusione

Logicamente anche la spesa pubblica dovrebbe essere del 34 per cento. E del resto lo hanno ammesso anche i governi Gentiloni e Conte. Impegni, promesse, assicurazioni. Un 34 per cento che è un minimo di decenza, mica quello che servirebbe per eliminare il divario. Un semplice fatto statistico sul quale non si dovrebbe neanche stare a discutere. Invece la spesa continua a non superare il 28 per cento con la stessa tenacia con la quale Vettel continua a perdere i gran premi di Formula1. Ventotto per cento al Sud, 72 per cento al Centro Nord, che ha una popolazione del 66 per cento. Sei per cento in meno al Sud.

La spesa statale al Sud continua a rimanere bassa

Se così non fosse stato per anni e anni, il Pil del Sud sarebbe cresciuto del 5 per cento, con almeno 300 mila posti di lavoro in più. E sarebbero stati a casa quei figli senza i quali il Sud non ha futuro perché a restare sono solo i vecchi. E non ne parliamo nemmeno degli anni più duri della crisi fino al 2015, quando la spesa statale al Sud non ha superato il 21 per cento. Tanto che la conclusione non può essere che questa: scientemente lo Stato ha fatto aumentare invece che diminuire il divario ai danni del Sud. Assicurando di avere il Sud in testa ai suoi pensieri. E non mancando di dire al Sud che si dia da fare, si rimbocchi le maniche, devono essere i meridionali la soluzione dei problemi dei meridionali. Noi intanto gli prepariamo la fossa nella quale finiranno.

La trappola del federalismo fiscale

La fossa più efficace è stato il federalismo fiscale. Quello che con la sua trappola di spesa squilibrata ha privato il Sud di un tale livello di servizi pubblici, che ora sono al di sotto del livello minimo ovunque. Dalla sanità alla scuola, dai trasporti alle università, dall’assistenza alla casa. Cosicché la qualità della vita è al Sud sempre peggiore rispetto al Centro Nord: delitto perfetto, se non si permettessero anche di accusare il Sud per farlo vergognare invece di chiedergli scusa. Violando la Costituzione, secondo la quale non ci deve essere differenza a seconda di dove nasci. E facendo aumentare le tasse al Sud altrimenti come ce la faceva, tanto che percentualmente pagano più tasse locali i poveri che i ricchi.

Sfasciano una Italia mai unita

Ma al delitto perfetto non c’è mai limite. L’evoluzione della specie <sotterriamo il Sud> è nella mitica autonomia rafforzata. Quella, ricordate, che pretendono Veneto, Lombardia, Emilia e ora anche il Piemonte. E che più che una loro autonomia, è la morte altrui. Non solo <facciamo per conto nostro> svuotando lo Stato di funzioni e sfasciando l’Italia, ma tant’è in una Italia mai unita. Ma ci teniamo i soldi delle nostre tasse, sottraendole allo Stato e al resto del Paese, Sud in testa. Più risorse al Nord. Ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri. Non meno divario, ma più. E potendo, mettiamoci anche la flat tax che privilegia i soliti ricchi completando l’opera.

Sembrava che non se ne parlasse più, ma hanno continuato a lavorarci nel segreto come un complotto. Quando i produttori agricoli pugliesi hanno messo i gilè arancioni, l’hanno spuntata per i danni della Xylella e delle gelate. Ha voglia il Sud di mettere un gilè rosso dignità per non morire?

Di Meridem