primo maggio

Oggi, nel secondo Primo Maggio in piena emergenza COVID-19, abbiamo scelto di rilanciare, in parte, il nostro articolo dell’anno scorso, in cui ricordavamo due eventi storici e un grande sindacalista meridionale.  Però, abbiamo cambiato la foto di copertina, scegliendo un’immagine del settembre 2019, prima dell’inizio dell’emergenza Covid-19, dei lavoratori della Whirlpool di Napoli, in lotta per la difesa del posto di lavoro.  Anche in questi giorni, i lavoratori della Whirpool sono per strada a manifestare.  Essi rappresentano tutti i lavoratori del Mezzogiorno, sia quelli che vivono nei nostri territori, sia quelli emigrati in tutti gli angoli della Terra. Il nostro pensiero va anche ai primi operai caduti nelle lotte per la difesa del posto di lavoro dopo l’Unità d’Italia–ai lavoratori di Pietrarsa massacrati dai bersaglieri il 6 agosto 1863.

 

Partiamo con la prima celebrazione della Festa dei Lavoratori a Napoli nel 1890. Di seguito, passeremo a quella nell’Italia Repubblicana, tristemente famosa per la strage di Portella delle Ginestre, vicino Palermo, nel 1947.  Infine, ricorderemo Giuseppe Di Vittorio, il grande sindacalista nato a Cerignola in Provincia di Foggia l’11 agosto 1892 e morto il 3 novembre 1957.

Nascita del Primo Maggio

La ricorrenza del Primo Maggio viene stabilita, per la prima volta, il 20 luglio 1889, a Parigi, dal del congresso della Seconda Internazionale (organo di coordinamento dell’attività di tutti i partiti nazionali collegati con il movimento operaio).

Quella data sarebbe diventata una giornata di lotta per chiedere alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore.

La data del Primo Maggio, fu scelta per ricordare i lavoratori assassinati dalla polizia a Chicago il 1 Maggio del 1886, durante una manifestazione che rivendicava il diritto delle otto ore.  Il movimento operaio americano scelse il primo maggio per ricordare quando, nel 1867, l’Illinois aveva ridotto la durata massima della giornata lavorativa a 8 ore.

Prima edizione a Napoli nel 1890

Napoli doveva essere fra le prime città italiane a celebrare il Primo Maggio soprattutto per onorare un triste primato. Infatti, a Napoli, per la prima volta nell’Italia post-unitaria, le forze dell’ordine uccisero degli operai.

Il misfatto, ad opera dei famigerati bersaglieri piemontesi, fu perpretato durante una manifestazione per il lavoro. I vigliacchi dai cappelli piumati, già noti per la brutalità dei loro interventi, assassinarono quattro operai a Pietrarsa (Portici) il 6 agosto 1863, durante una protesta delle maestranze a difesa dell’Opificio costruito da Ferdinando II di Borbone.

Infatti, Napoli rispose all’appello arrivato da Parigi ed i militanti del movimento operaio napoletano diffusero un volantino il 20 aprile 1890:

“Lavoratori – ricordatevi il 1° maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l’Internazionale!”.

Primo Maggio

Gli eventi napoletani raccontati dal Corriere della Sera

La cronaca di quella giornata è raccontata nel sito della UIL con i dettagli ripresi dal Corriere della Sera del 2-3 maggio 1890:

<<Napoli: l’agitazione cominciata la sera prima si è “smisuratamente allargata”, le misure di prevenzione hanno esasperato le classi più tranquille degli operai, i disordini si credono ormai inevitabili. “Dappertutto si distribuiscono manifesti che le guardie si affrettano a lacerare”. Il centro indicato per riunirsi è piazza del Mercato, “si raccomanda di indossare abiti da lavoro e una striscia rossa al cappello con le parole 1° Maggio”.

Gli studenti e i circoli repubblicani dichiarano di partecipare alla dimostrazione. Le forze di polizia sono state rafforzate, è attesa una compagnia di cavalleria da Caserta. Si vocifera che presso l’università sono pronti quattro cannoni e presso qualche ospedale sono stati ordinati servizi straordinari. Tutte le botteghe chiuse. Gli operai dell’arsenale, nonostante la minaccia di licenziamento, assicurano di partecipare allo sciopero, così anche i cocchieri e gli strilloni dei giornali. Non uscirà alcun giornale. In vari punti della città si terranno conferenze operaie.

Poi durante giovedì primo maggio squadre di questurini furono sparpagliate per tutta la città per arrestare studenti e operai noti come agitatori: “gli arresti sono fatti senza veruna precisione di ordini mandati”; nei depositi della questura, assicurasi, siano detenute circa cento persone. È impossibile avere qualche notizia, si dice che una sessantina di arrestati, incatenati, scortati da questurini e carabinieri vengono condotti al carcere di San Francesco: è una situazione che ”prova il grande smarrimento in cui trovansi le stesse autorità.>>

 

Portella delle Ginestre

Il Primo Maggio 1947, il bandito Salvatore Giuliano e la sua banda uccisero 11 manifestanti e ne ferirono 27 a Portella delle Ginestre, vicino Palermo.

Molti dei morti e dei feriti erano membri della minoranza albanese siciliana. Quel giorno, circa duemila lavoratori di Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello, si erano riuniti a Portella della Ginestra (località nel Comune di Piana degli Albanesi). I lavoratori intendevano manifestare contro il latifondismo a favore dell’occupazione delle terre incolte.

Primo Maggio

Un calzolaio di San Giuseppe Jato, Giacomo Schirò, segretario della locale sezione socialista, decise di intrattenere la folla, in attesa degli oratori ufficiali. Salvatore Giuliano e la sua banda cominciarono a sparare sui manifestanti. In un primo momento, i manifestanti scambiarono gli spari per i tradizionali mortaretti della festa, poi il terrore si impadronì della folla.

Quella di Portella delle Ginestre è riconosciuta come la prima strage politico-mafiosa dell’Italia unita. Il potere politico e quello mafioso, spesso incarnati nelle medesime persone, volevano evitare che i contadini potessero rivendicare la terra, a svantaggio del latifondo.

Il Primo Maggio di Giuseppe Di Vittorio

Le radici della lotta dei popoli del Mezzogiorno per l’affermazione dei propri diritti sono profonde. Si fondano tra  le battaglie degli operai napoletani, a quelle dei braccianti e agricoltori siciliani, passando per quelle condotte dai contadini pugliesi guidati dal grande sindacalista Giuseppe Di Vittorio.

di vittorio

Pubblichiamo un breve passo tratto da un articolo di Giuseppe Di Vittorio sul 1° maggio pubblicato dal settimanale della Cgil “Lavoro”, numero 17, 26 aprile 1953. Troviamo molto attuale la riflessione che Di Vittorio propone sul valore sociale del lavoro.

“Il Primo Maggio, infatti, esalta la potenza del lavoro e le priorità e la nobiltà della sua funzione nella vita d’ogni società umana. In pari tempo, questa giusta esaltazione pone in maggior luce l’ingiustizia rivoltante del fatto che, in tanta parte del mondo, il lavoro non è libero, essendo sottoposto al giogo del capitale e subordinato alla legge barbarica del profitto di pochi, a detrimento di tutti. Non essendo libero, il lavoro non può espandersi, secondo i crescenti bisogni dell’uomo; non può utilizzare tutta la sua potenza creatrice, per soddisfare le incessanti esigenze di vita e di progresso dell’umanità. Ogni possibilità di lavoro e di produzione è condizionata e limitata dalla convenienza o meno dei detentori del capitale, dei loro trust, dei loro monopoli.

Tonnellate di grano buttate a mare

Di qui, le mostruosità inumane del sistema capitalistico: immense estensioni di terre incolte o mal coltivate e masse enormi di braccianti disoccupati; fabbriche che si chiudono e milioni di famiglie prive dei prodotti più necessari; tonnellate di grano buttate a mare – per mantenere elevati i prezzi – e milioni di uomini e di donne e di bambini che scarseggiano o mancano del pane. Da questo sistema di predominio del capitale, da questo sistema di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sorgono le crisi, la disoccupazione, la miseria, di cui soffrono le popolazioni.

Ingiustizia e sopraffazione

Da questo sistema d’ingiustizia e di sopraffazione, sorgono le cupidigie e le brame di rapina dei grandi monopoli su altri Paesi, su altri mercati, su altre fonti di materie prime. Di qui, sorgono le guerre imperialistiche, coi loro inseparabili e terribili cortei di massacri, di distruzioni, di lutto, di carestia. Il Primo maggio, pertanto, i lavoratori del mondo intero, celebrando la potenza invincibile del lavoro, rivendicando il loro diritto alla conquista di migliori condizioni di vita riaffermano la loro volontà collettiva di accelerare la marcia verso l’emancipazione del lavoro, che libererà tutta l’umanità dal timore delle crisi, dalla paura della fame, dall’incubo della guerra, ed aprirà ad essa la via radiosa del benessere crescente e d’un più alto livello di civiltà.”

Oggi è il Primo Maggio 2021, il secondo Primo Maggio dell’emergenza COVID-19 dei lavoratori in cassa integrazione, dei lavoratori che forse non avranno più un lavoro, dei disoccupati. Ci auguriamo che l’eco di queste parole ed i sentimenti di giustizia ed equità che trasmettono possano dare la necessaria forza per continuare a lottare.

I Meridionalisti Democratici augurano a tutti un Buon Primo Maggio!

Primo Maggio

Di Meridem